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Aria pulita: obiettivo ambizioso ma misure inefficaci

I nuovi dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità indicano che 9 persone su 10 respirano aria contenente alti livelli d’inquinanti. Il prezzo che siamo costretti a pagare per il nostro stile di vita, per il nostro sistema produttivo, per i trasporti e per l’inefficienza energetica delle nostre case è altissimo. Insostenibile. Sono 7 i milioni di persone che muoiono ogni anno.

Il killer che uccide di più, vecchi, donne e bambini nelle nostre città, secondo l’Oms, è il particolato sottile contenuto nell’aria inquinata e che penetra a fondo nei polmoni e nel sistema cardiovascolare, causando ictus, malattie cardiache, cancro polmonare, malattie polmonari ostruttive croniche e infezioni respiratorie tra le quali le polmoniti. 
Si è calcolato che 1/ 4 delle morti per infarto siano dovute all’inquinamento dell’aria, così come i morti da ictus, quasi l’1/3 delle morti per cancro ai polmoni e quasi la metà delle altre morti da malattie polmonari.

E come sempre, va peggio a chi già sta peggio: si muore di più nei paesi più poveri, e nel sud del Paese.

Non va meglio nel resto d’Europa: siamo lontani dagli obiettivi “aria pulita” 2030, anche se negli ultimi decenni sono stati registrati dei miglioramenti.
E gli obiettivi di Parigi Cop21 sembrano un miraggio. Tenere il surriscaldamento climatico “ben” al di sotto i 2 gradi è un traguardo ancora lontano.

Venendo a “casa nostra”, anche se l’intero Pianeta Terra è “casa nostra”, in Italia siamo sottoposti a ben due procedure d’infrazione la 2015/2043, sulla violazione dei livelli di biossido di azoto e la procedura 2014/2147 sul superamento dei limiti di particolato fine, il PM10. Per entrambe è già stato notificato il parere motivato per il quale se l’Italia non si attiva in tempi brevi avrà inizio il contenzioso vero e proprio di fronte alla Corte di Giustizia.

In questi giorni al Senato stiamo discutendo del dlg del governo (atto n.11) in commissione speciale, con il decreto di recepimento della direttiva 2016/2284, la cd Direttiva NEC.
Il decreto ha la finalità di abbassare dal 2020 in maniera “drastica” proprio le emissioni del biossido di azoto (riscaldamenti e industria) e il particolato fine (industria e trasporti), gli ossidi di azoto (trasporti), l’ammoniaca (vedi agricoltura.)

Essa si pone tre obiettivi: la riduzione, il monitoraggio e la valutazione degli impatti sull’ecosistema e si avvale di Ispra e Cnr in un tavolo di lavoro interministeriale.
Ma il provvedimento purtroppo ha carattere e natura solo “programmatica” e non dispositiva e rischia per questo di non essere efficace. Insomma, la sensazione è che stiamo solo “prendendo” tempo.

Infatti, dopo aver dettato specifici e pure “ambiziosi” obiettivi di riduzione per taluni inquinanti non si individuano quali siano i soggetti responsabili delle misure da intraprendere, di là da un generico riferimento allo Stato e agli enti locali. 
Il provvedimento inoltre non prevede uno “specifico” sistema sanzionatorio.
Eppure nella relazione stessa al decreto è sollevata la questione della eventuale nuova procedura d’infrazione per non avere previsto un sistema sanzionatorio, così come imposto dall’art.18 della direttiva. 2016/2284!
Si tratta in ogni caso di un impianto sanzionatorio “debole”: com’è noto per il Piano “Aria” tra Ministero dell’ambiente e le quattro regioni più colpite dall’inquinamento atmosferico del bacino Padano, sono stati gli enti locali (regioni) a essere inattivi, o comunque in ritardo, nel porre in essere le misure antinquinamento. 
D’altra parte, sarebbe stato difficile inserire nel decreto delle sanzioni laddove lo Stato non ha nemmeno individuato gli obblighi o divieti che intende far rispettare (sic!)

Infine, ma non meno grave, è l’invarianza finanziaria del provvedimento di cui all’art.12 che ci sembra un limite assoluto posto a fini e a obiettivi non più rimandabili, là dove le infrazioni conseguenti ci costringeranno comunque in futuro a pagare per NON aver provveduto o aver provveduto tardi e male.

Paola Nugnes
Virginia La Mura
Patty L’Abbate
Ruggiero Quarto
Commissione Ambiente Senato

Pubblicato il 7 maggio 2018 su Movimento5stelle.it

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