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Regolamento Ue per la certificazione degli assorbimenti di carbonio: punti deboli e criticità

Ringraziamo greenport per averci dedicato la loro attenzione.

Qui il link dell’articolo:-articolo-

Di seguito trascriviamo l’articolo

L’Abbate e Bartoleschi: «I criteri Qu.a.l.ity sono talmente generici da essere di dubbia utilità nel migliorare la qualità del mercato volontario»

[11 Ottobre 2023]

In commissione Ambiente, in sede consultiva, la prossima settimana valuteremo la proposta di Regolamento Ue per la certificazione degli assorbimenti di carbonio e voteremo la relazione del governo: vediamone i  punti deboli e le criticità.

Disciplinare il mercato volontario emergente dei crediti di carbonio è un’azione necessaria, ma la proposta europea non è coraggiosa, e tantomeno  porta a miglioramenti la relazione governativa in merito. Non si avranno passi avanti significativi verso gli obiettivi che si pone, ovvero di garantire che i crediti nell’Ue siano di alta qualità ed evitare il greenwashing.

I criteri Qu.a.l.ity sono attualmente talmente generici da essere di dubbia utilità nel migliorare la qualità del mercato volontario. I principali registri di crediti volontari potrebbero già sostenere di seguire la quasi totalità di questi criteri, continuando a certificare progetti di bassa qualità.

Ciò che determinerà o meno il successo della regolamentazione, quindi, non consisterà nell’identificazione dei suddetti criteri generali, ma piuttosto nella loro dettagliata definizione e nella stesura di nuove metodologie, modalità di certificazione e requisiti quantitativi minimi da parte della Commissione europea e degli Stati membri.

Rispetto ai singoli criteri, si raccomanda di redigere nuove metodologie in collaborazione con esperti internazionali, includendo un’analisi più completa del ciclo vita, specialmente nel caso dei pascoli e dello stoccaggio nei prodotti e creare strumenti di quantificazione standardizzati e rigorosi, espandere le banche dati necessarie a calibrare i modelli di assorbimento dell’anidride carbonica alle idiosincrasie locali; migliorare ed aggiornare i dati accessibili sulla permanenza dello stoccaggio nei prodotti; aumentare la risoluzione dei dati satellitari accessibili pubblicamente e standardizzare i modelli di calcolo degli assorbimenti a partire da questi dati; regolamentare l’introduzione di nuove tecnologie di monitoraggio quali analisi di biomassa da droni.

Le affermazioni sulla ‘durata dello stoccaggio’ sono spesso basate su assunzioni incerte che oltre a potersi rivelare errate vengono spesso manipolate per favorire l’accesso ai finanziamenti.  È necessario definire metriche d’impatto e criteri quantitativi minimi sia per gli impatti che per il rigore del monitoraggio.

Allo stato attuale la sostenibilità del mercato degli assorbimenti di carbonio è estremamente lontano dall’ideale: ad esempio, alcuni progetti di riforestazione registrati in Brasile consistono in monocolture di specie australiane di eucalipto, che crescono molto più rapidamente della foresta pluviale locale, ma riducono drasticamente la biodiversità e riducono le risorse idriche e i nutrienti nel suolo, pur pubblicizzandosi come attenti alla biodiversità. Quindi oltre a dover prevenire l’importazione di crediti dall’estero, è prioritario interrompere il rapido sviluppo attuale di progetti nell’Ue che possono danneggiare gli ecosistemi.

La presente proposta è attualmente limitata ai soli assorbimenti registrati nell’Ue ma sarebbe  fondamentale che tutte le rivendicazioni climatiche che avvengono nell’Ue, includendo le rivendicazioni basate su crediti provenienti da paesi non-Ue, vengano soggette agli stessi criteri di qualità; questo eviterebbe  svantaggi competitivi.

La nuova normativa così come proposta espone gli Stati membri al rischio di non adempiere agli obiettivi stabiliti dal pacchetto “Pronti per il 55%”. Il rischio è  posto dalla dispersione di risorse private verso altri Paesi.

Attualmente gli assorbimenti di carbonio che avvengono all’estero grazie all’acquisto volontario di crediti di carbonio non sono contabilizzati ai fini del raggiungimento degli obiettivi del Paese ospite dell’acquirente dei crediti. Visto che i crediti di carbonio emessi fuori dall’Ue hanno quasi sempre un prezzo significativamente più basso, le società italiane ed europee sono incentivate ad investire il loro budget di sostenibilità all’estero, privando l’Ue dell’opportunità di utilizzare risorse private per contribuire agli obiettivi nazionali. Per mitigare questo rischio si potrebbero introdurre incentivi fiscali per chi acquista crediti emessi dal proprio Paese e regolamentare l’uso di crediti provenienti dai paesi non appartenenti all’Ue.

L’incertezza di mercato è principalmente dovuta all’incertezza normativa e verrebbe mitigata da chiare linee guida europee. È necessario garantire agli investitori che i crediti che verranno emessi nei prossimi decenni saranno utilizzabili. Se le metodologie di quantificazione, i processi di monitoraggio, e i criteri di verifica e registrazione fossero standardizzati, ed armonizzati con chiare linee guida su come rivendicare e comunicare gli investimenti volontari, anche futuri, evitando di fare greenwashing, gli investitori sarebbero rassicurati e la domanda crescerebbe.

Con  riferimento all’agricoltura, il Governo esclude l’ipotesi di un regime di finanziamenti basato sui risultati di sequestro di carbonio per il settore agricolo, ma in assenza della corresponsione di un pagamento, ci sarebbero ulteriori costi aziendali.

Il potenziamento della Pac e l’introduzione di ulteriori meccanismi pubblici di incentivazione è prioritario rispetto all’utilizzo del mercato volontario, che tuttavia può fungere da catalizzatore della transizione.

Infine, il Governo sottolinea che dalla normativa proposta potrebbero derivare possibili aumenti di costi per la pubblica amministrazione dovuti all’istituzione del registro pubblico e incentivi per le attività previste dalla proposta; sviluppo di metodologie di certificazione o riconoscimento di schemi esistenti di certificazione; sviluppo di nuove tecniche per l’assorbimento e per il monitoraggio; digitalizzazione dei dati sulle rimozioni di carbonio.

I costi per la pubblica amministrazione verrebbero ampiamente compensati dalla crescita di un nuovo mercato interno di assorbimenti, ricordiamo che il valore del mercato globale volontario di carbonio ha già superato i 2 miliardi di dollari, con previsioni di crescita tra 30 e 50 miliardi nel 2030.

In conclusione, per sbloccarne il grande potenziale è raccomandabile colmare alcune lacune della proposta, e fermare con urgenza i danni sulla biodiversità che sono già causati dal mercato volontario. È inoltre necessario tutelare i piccoli proprietari e portatori di interesse locali spesso esclusi dalla partecipazione e fruizione dei benefici del mercato volontario, identificare e rimuovere i reali freni per lo sviluppo del mercato volontario come le barriere economiche e informative, le incertezze  di mercato e costi iniziali. Porre chiarezza sugli utilizzi legittimi dei crediti generati, e sulla relazione con gli altri strumenti quali l’Ets e la Pac e la necessità o meno di aggiustamenti corrispondenti.

Inoltre non sono ancora ben definite le modalità di implementazione, in particolare lo sviluppo centralizzato di metodologie, criteri minimi, registri nazionali, e organi di controllo. Infine il mercato interno necessita di incentivazione, e per evitare competizioni sleali i crediti importati da paesi non-Ue devono essere sottoposti agli stessi criteri Qu.a.l.ity di quelli emessi nell’Ue. Resta per ultimo da sottolineare lo sfruttamento del mercato volontario da parte di eco-mafie che vanno combattute con misure anti riciclaggio e corruzione.

Questo andremo a sottolineare nella nostro parere alternativo in commissione Ambiente, sperando che la maggioranza ponga al primo posto le imprese italiane e la tutela del nostro ambiente e non solo le logiche di potere.

 

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